Bruxelles, 4 giu. (LaPresse) – “Quando ho chiesto ai commissari Schinas e Johansson che differenza vi fosse tra morire di guerra e morire di fame non mi hanno risposto, perché non c’è una risposta. Morire è morire”. Nelle sue parole c’è il sentimento di chi ha dedicato una vita a salvare quella degli altri, di chi ha visto il dolore umano nei volti di migliaia di migranti. E’ Pietro Bartolo, per 30 anni medico che ha svolto le prime visite ai migranti in arrivo a Lampedusa e oggi eurodeputato in S&D e vicepresidente della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni dell’Eurocamera. Testimone esemplare del dramma della migrazione nel Mediterraneo, Bartolo ha scritto diversi libri, nel 2015 ha preso parte al film documentario Fuocoammare, e dal suo ultimo scritto ‘Lacrime di sale’ è stato tratto il film Nour.
“Credo che fino ad oggi gli strumenti che abbiamo messo in campo, come il regolamento di Dublino” siano stati un fallimento, ha detto ai microfoni de LaPresse. “E questo è evidente se dopo 30 anni parliamo ancora di emergenza sbarchi. Credo che riproporre lo stesso sistema con il regolamento di Dublino sia del tutto sbagliato, non arriveremo da nessuna parte perché finché affronteremo il problema, anzi il fenomeno, con il contrasto non andremo da nessuna parte. Bisogna cambiare strategia e vederla da un altro punto di vista, cominciare a vedere l’immigrazione come un fenomeno che ci può aiutare e i termini sono molto importanti”.
L’immigrazione dunque che può diventare anche risorsa per le nostre società che devono fronteggiare il calo demografico. “Molti dicono: ‘queste persone ci servono’ – spiega l’esponente di S&D -. A me piace dire che queste persone ci possono aiutare perché l’Europa è fortemente in pericolo per problemi demografici, culturali ed economici, e queste persone sono un’opportunità. Fra 10-20 anni l’Europa sarà una grande Rsa e soprattutto l’Italia. Facciamoci aiutare. Intanto dobbiamo smentire fortemente che si tratti di un’invasione. Tutto parte da questa paura, da questo racconto che è stato fatto dalle destre per quattro miseri voti e per convenienza”.
Chiediamo cosa ne pensa dei rimpatri, se non siano necessari per tutelare chi effettivamente ha diritto alla protezione umanitaria. “Io non farei nessuna distinzione tra richiedenti asilo, rifugiati e migranti economici perché per me è tutta gente che è stata costretta a lasciate le proprie famiglie e le proprie terre”, risponde l’eurodeputato. Quindi andrebbe dato il permesso di soggiorno a tutti? “Ovviamente. E va cambiata la legge su questo”. E quindi fare queste distinzioni tra richiedenti asilo, rifugiati e migranti economici” non serve. “A parte che chi viene dalla Libia, anche se sono migranti economici, dopo essere stato rinchiuso per anni in quelle vergogne, è uno che ha diritto, anche se non viene dalla guerra. Io li ho visti: torturati, scuoiati vivi. Ho visto di tutto. E poi stiamo parlando di numeri che sono ridicoli ma nella nostra mente è entrata l’idea dell’invasione e i governi europei si comportano secondo questa convinzione e non è vero.
Con la passione e la verve che lo anima, ricorda con dolore alcune frasi di Salvini, senza nominarlo, sulla proposta di chi vedeva nei figli dei migranti una risposta al calo demografico: “Qualcuno di destra ha detto: noi non abbiamo bisogno di bambini preconfezionati – a parte che è stato sgradevole, e poi lui che cosa ne sa di bambini preconfezionati? Di bambini preconfezionati ne ho visti io dentro quella cerniera, a centinaia, morti – scandisce con la voce commossa -. Lui non li ha visti mai e si deve vergognare di dire queste cose. Loro che colpa ne hanno, sono questi i nemici, il pericolo per la nazione o per l’Europa?”.
Sulla solidarietà degli altri Paesi europei e sui ricollocamenti di migranti da Italia e Spagna, Bartolo è ottimista: “Ho la certezza e la convinzione che ci sono parecchie città e Paesi europei che sono disponibili ad accettarli, mi è stato detto che in Germania ci sono almeno 200 città che vogliono ospitarli. Ovviamente ci vuole il consenso del governo nazionale, la volontà c’è, ma dipende dal Consiglio che si è messo sempre per traverso.
Abbiamo assoldato la Bosnia Erzegovina e ci ritroviamo i campi di Lipa, abbiamo assoldato la Turchia, per bloccare i flussi, continuiamo a pagare i campi di concentramento libici e le persone continuano ad arrivare. Di fatto questo sistema non funziona. Io credo che assoldare sarebbe opportuno per fare crescere quei Paesi non per bloccare quelle persone. Altrimenti il problema te lo ritrovi sempre perché tenteranno comunque di passare. Mi viene in mente la storia di una ragazza da uno degli ultimi sbarchi che ho seguito. Ho dovuto lasciare la mia isola con molta difficolta, è stato un grande travaglio perché quello è il mio lavoro ma ho capito che dovevo venire qua, dopo 30 anni, dopo aver fatto di tutto, l’attore, lo scrittore, il pagliaio, pur di far capire che queste persone non sono un pericolo ma che sono delle persone”.
Per Bartolo arrivare a Bruxelles è stata come una missione da compiere, per portare la sua esperienza, il suo contributo nelle istituzioni europee. “Con la mia candidatura, attraverso Demos, nelle fila del Partito democratico, ho avuto un riscontro veramente importante, anche dal punto di vista dei voti, e questo mi ha fatto capire che ci sono persone che la pensano come me. Questa è stata la mia più grande soddisfazione, non essere diventato europarlamentare, perché giuro che non appena si risolve questa situazione, non appena queste persone avranno la possibilità di arrivare normalmente, attraverso i canali regolari e i corridoi umanitari, l’indomani torno a Lampedusa a fare il medico. La mia missione è quella”.
Con la voce commossa ci racconta un’altra storia. In un barcone di sole donne, stranamente, ve ne era una “particolarmente triste e affaticata. Le ho chiesto: Ma perché, che succede? Vede dottore, ho fatto un viaggio lunghissimo, per anni sono stata violentata, venduta, mutilata. Poi sono arrivata in Libia, dentro quelle carceri, dove sono stata violentata più volte anche in gruppo, ma non ero io, io volevo arrivare e sono arrivata e mi poteva fermare solo la morte. Di questo stiamo parlando, loro pensano che questa ragazza si spaventi del fatto che una volta che arriva in Europa ci possa essere la possibilità che venga rimpatriata? Pensano di risolvere il problema con i rimpatri? Prima di tutto è difficilissimo e poi perché non troveranno accordi con questi Paesi che guadagnano molto di più con le rimesse. Serve un ‘piano Marshall’ che sia destinato veramente alla crescita di questi Paesi”.