Bruxelles, 2 dic. (LaPresse) – Quinta notte di proteste nelle strade di Tbilisi. Da quando il premier filorusso Irakli Kobakhidze ha annunciato di voler sospendere i negoziati con l’Ue fino al 2028, migliaia di persone sono scese in piazza sotto le bandiere blustellate sfidando la crescente repressione delle forze dell’ordine. Studenti e professori in tutto il Paese hanno abbondonato le lezioni. Nel fulcro della protesta attorno al Parlamento sono soprattutto i giovani a trovare i modi più creativi per respingere lacrimogeni e idranti. Decine di persone tra manifestanti e poliziotti hanno avuto bisogno di cure per gli scontri, mentre sono più di 200 le persone arrestate finora, tra cui il leader della ‘Coalizione per il Cambiamento’ all’opposizione, Zurab Girchi Japaridze, che è stato poi rilasciato.
L’incognita del voto del 14 dicembre. La crisi si aggrava e potrebbe deflagrare con l’avvicinarsi della data scelta per l’elezione parlamentare del nuovo presidente, il 14 dicembre. Il partito al governo “Sogno georgiano” vuole eleggere l’ex calciatore Mikheil Kavelashvili, ma gli unici parlamentari che hanno accettato il seggio sono quelli governativi, mentre i partiti dell’opposizione continuano a denunciare i brogli nelle elezioni e chiedono di ripetere il voto. Se il premier forzerà la mano, la crisi diventa istituzionale: l’attuale presidente Salome Zourabichvili ha già annunciato che non riconoscerà il nuovo presidente eletto da un parlamento illegittimo.
Il baluardo degli europeisti: la presidente Zourabichvili
Cresciuta in Occidente e tornata in patria per traghettare il paese verso l’Unione europea, la presidente gode di un ampio consenso ed è diventata il punto di riferimento della popolazione georgiana filoeuropea. Pur nel suo ruolo cerimoniale, non ha esitato a scendere in piazza e affrontare i poliziotti che reprimevano le proteste e a denunciare “pestaggi sistematici dei manifestanti tra l’arresto e il trasporto in strutture di detenzione già sovraffollate”. Il rischio è che si inneschi una spirale come quella vista nella storia recente dell’Ucraina. E ad evocarla è lo stesso portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. “Probabilmente il parallelo più diretto che possiamo tracciare è quello con gli eventi del Maidan in Ucraina, tutti i segni di un tentativo di attuare una ‘rivoluzione arancione'”. A Kiev tra il novembre 2013 e febbraio 2014, attorno a piazza Maidan si sviluppò un forte movimento di protesta nato proprio contro il rifiuto del governo di firmare Accordo di associazione tra l’Ucraina e l’Unione europea. La rivolta fu repressa nel sangue ma portò alla cacciata del presidente filorusso Viktor Janukovyc e la caduta del governo di Mykola Azarov.
Una nuova Euro Maidan?
Eventi come quelli di piazza Maidan in Ucraina “non si sono mai tenuti in Georgia e non si terranno mai, tutto questo è apparso quest’anno”, ha affermato il primo ministro Kobakhidze commentando le proteste in corso. “Possiamo vedere che c’era un piano coordinato e pre-scritto”, ha aggiunto, “finanziamenti esteri sono stati coinvolti nella realizzazione di questo piano”. Di fronte alla chiusura del governo di Tbilisi, l’Unione europea monitora la situazione e si interroga sulla risposta da adottare. I Paesi baltici hanno già adottato per conto loro delle sanzioni contro chi reprime i manifestanti. Il tema di un pacchetto di sanzioni a esponenti governativi potrebbe emergere nel prossimo Consiglio Ue Esteri del 16 dicembre. “L’Ue si rammarica molto per la decisione del governo georgiano di non perseguire l’apertura dei negoziati di adesione all’Ue e di rifiutare il sostegno finanziario dell’Ue – afferma una portavoce della Commissione europea -. Questo annuncio segna un cambiamento rispetto alle politiche dei precedenti governi georgiani e alle aspirazioni europee della stragrande maggioranza del popolo georgiano”.