Il Palazzo Reale di Bangkok, il culto della monarchia e la moda del fucsia

La Thailandia è un Paese con due culti: il buddismo e la monarchia. La capitale è costellata di immagini e gigantografie del re, contornate da vistose cornici dorate e adornate a mo’ di altari. Molti negozi vendono santini e gadget sia del nuovo re ma soprattutto del vecchio, nelle pose più singolari. Il longevo sovrano Bhumibol ha regnato sulla Thailandia per 70 anni, è morto lo scorso ottobre 2016: da allora l’intera nazione ha cambiato il suo stile di vita in segno di lutto per un anno intero. I funerali si sono svolti solo un anno dopo con una cerimonia imponente durata cinque giorni.

Il palazzo Reale di Bangkok sorge su un’immensa area sulla riva opposta del fiume, dove re Rama I decise di trasferire la capitale nel 1782. In quello stesso anno iniziò la costruzione del complesso che include diversi templi, tra il cui famoso Wat Phra Kaew, il tempio di Buddha di smeraldo, meta di pellegrinaggio dei buddisti, e il Gran Palace vero e proprio, dove però non risiede più il re. Oggi è sede degli uffici della casa reale ed è utilizzato per le cerimonie solenni e ufficiali.

Il posto lascia senza fiato per la maestosità e la commistione di stili: forme e materiali diversi, oro, tessere specchiate, statue, colonne e porticati, circondati da giardini rigogliosi e curati. Peccato l’enorme afflusso dei turisti che impedisce di godere appieno del sito. A tratta sembrava di stare a Disneyland, con orde di turisti all’assalto fotografico. Mi sono ritrovato a redarguire un gruppo di avvoltoi cinesi che stavano letteralmente molestando una guardia reale per le foto, cercando di distrarla e vedere fino a che punto sarebbe rimasta impassibile. “Non è un giocattolo, sta lavorando”, ho inveito lasciandoli attoniti. Col rischio che il povero militare thailandese perdesse il posto di lavoro o che io fossi mandato al patibolo per aver alzato la voce nei sacri palazzi. Per farla breve, diciamo che mi sono goduto molto di più il What Pho, il tempo del Buddha sdraiato, sia per le spiegazioni sia per la possibilità di vederlo in tranquillità.

Un ultimo appunto riguarda l’architettura: in diversi punti della città si notano edifici di stile neoclassico e non è un caso. Agli inizi del Novecento il re Rama V rimase affascinato dalla bellezza di Torino, che aveva potuto visitare grazie anche all’amicizia con la Regina Elena. Da allora diversi artisti e architetti italiani, soprattutto piemontesi, partirono alla volta di Bangkok per realizzare diversi edifici, tra cui ricordiamo Annibale Ricotti, autore del Palazzo del Trono e della stazione ferroviaria.

L’onnipresente figura del re.

In ogni angolo del Paese si ergono le immagini del vecchio e nuovo re, a volte anche della regina. A ricordare costantemente chi guida il popolo thailandese. Ma parlare del sovrano è quasi un tabù. La Thailandia può essere considerata una democrazia illiberale, nella felice definizione del politologo Fareed Zakaria, dove alcune libertà politiche e il pluralismo sono limitate.

Eppure la Thilandia sembra il paradiso delle libertà personali e in effetti la società è molto aperta nei confronti della sessualità, dell’omosessualità e dei divertimenti. Finché si tratta di spassarsela va tutto bene, e per i turisti è più che sufficiente, ma quanto a libertà di stampa e opinione non può essere paragonata alle democrazie occidentali. Ai thailandesi però sembra non importare molto, l’economia va – o almeno Bangkok sembra in forte espansione – le libertà personali sono garantite e la percezione è che si viva bene, con spensieratezza e ottimismo. Forse il pluralismo non è in cima alle priorità come nei Paesi occidentali, resta il fatto che la figura così importante del sovrano è riuscita a garantire un punto fermo di fronte a decenni di instabilità politica e a mantenere unito il Paese.

Parlare del sovrano in modo sconveniente può significare incappare nel reato di lesa maestà. Chi ha provato a farlo è stato condannato a dieci anni di carcere. Alcune organizzazioni considerano tale legislazione sulla lesa maestà un modo per reprimere le voci di opposizione e dissenso. Arriviamo al nuovo re Vajiralongkorn: in Occidente sono state diffuse foto e notizie che collimano con l’immagine sacra che si ha da queste parti. Nessuno dei Thailandesi lo sa e anche ai media stranieri è proibito parlarne. Io non vi ho detto niente, tanto sapete dove cercare: se dopo questo post non mi sentite più, chiamate la Farnesina.

Perché tanto fucsia.

In Thailandia capita spesso di vedere il colore fucsia, per noi un po’ insolito. Dai taxi alle maglie da uomo e da donna. Il fucsia è diventato di moda recentemente. Secondo la tradizione ogni giorno della settimana è associato a un colore: nel 2006, in occasione del 60esimo anniversario del regno di Bhumidol che caeva di lunedì si diffuse il giallo, l’anno seguente, quando il vecchio re malato uscì dall’ospedale con una maglia rosa tutti iniziarono a comprare abiti dello stesso colore. Sembra che un astrologo avesse indicato il fucsia come buon auspicio per la guarigione del sovrano. Una tendenza che evidenzia ancora una volta il ruolo fondamentale della monarchia nella società thailandese.

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