Ue: odio online sia tra i reati europei. Francia, riconoscere genitori stesso sesso

Bruxelles, 4 feb. (LaPresse) – L’Unione europea vuole inserire il cosiddetto ‘hate speech’, l’incitamento all’odio, tra i reati comuni europei. I ministri della giustizia dei 27 ne hanno discusso in un Consiglio informale a Lille ed è emerso “un ampio consenso”. Ma non basta: servirà l’unanimità al Consiglio Giustizia di marzo per far passare la proposta avanzata dalla Commissione Ue lo scorso dicembre. Anche il Parlamento europeo aveva approvato una risoluzione in tal senso, che chiedeva all’Esecutivo Ue di includere tra i reati Ue quei crimini d’odio compiuti online e basati sul genere e sull’orientamento sessuale. La questione non è così facile perché, se da una parte dilagano l’incitamento all’odio e i crimini di odio in rete, dall’altra vi è la necessità di salvaguardare la libertà di espressione. Fin dal 2008 l’Ue si è dotata di un quadro giuridico per reprimere i discorsi di odio e garantire che le manifestazioni gravi di razzismo e xenofobia fossero punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive in tutta l’Ue. Il problema è passare dall’offline all’online, dove ci sono in gioco più fattori.

Accueil par Eric DUPOND-MORETTI, Garde des Sceaux, ministre de la Justice, de Didier REYNDERS, Commissaire Européen à la Justice.
Lille, le 4 Février 2022
Copyright : Joachim BERTRAND / MJ / DICOM

Quello su cui si lavora è la proposta avanzata dalla Commissione lo scorso dicembre per inserire l’incitamento all’odio e il discorso d’odio nell’elenco esistente dei reati europei nel trattato sul funzionamento dell’Ue, dando seguito all’annuncio fatto dalla presidente Ursula von der Leyen nel discorso sullo stato dell’Unione del 15 settembre. Il passaggio nel Trattato è necessario per garantire norme minime comuni su come definire i reati e le sanzioni applicabili in tutti gli Stati membri dell’Ue ed è ora al vaglio dei ministri degli Stati membri. “Dobbiamo trovare un equilibrio molto attento tra libertà di parola e la repressione dell’incitamento all’odio e del discorso d’odio”, ha affermato il ministro della giustizia francese, Eric Dupond-Moretti, a nome della presidenza del Consiglio Ue. “Abbiamo avuto una discussione costruttiva e c’è stata una certa convergenza di opinioni tra tutti i paesi. Naturalmente, abbiamo ancora del lavoro da fare, ma nutro la speranza che a marzo, quando ci incontreremo, potremo fare ulteriori progressi”, ha aggiunto il ministro, sottolineando che l’odio online è anche “una questione politica perché l’incitamento all’odio mina le basi stesse della nostra democrazia e mina le basi stesse dell’Europa”.

Un’altra questione spinosa in tema di giustizia è il riconoscimento della genitorialità in tutto il territorio dell’Unione. La stessa Corte di giustizia europea si era espressa su ricorsi di genitori che non vedevano riconosciuti i propri diritti in un altro Stato Ue. Il caso più frequente è quello di un genitore di una famiglia omosessuale non riconosciuta in un altro paese Ue. Lo scorso dicembre il tribunale del Lussemburgo aveva dato ragione alla mamma di una bambina, nata in Spagna e figlia anche della compagna, che si era vista negare il documento di identità in Bulgaria, paese di origine della donna. “La genitorialità che è stabilita in uno stato membro dell’Unione europea dovrebbe essere riconosciuta in tutta l’Unione”, ha affermato il ministro Dupond-Moretti. “Penso ai genitori dello stesso sesso che devono poter viaggiare senza difficoltà nell’Unione europea. È un argomento difficile per alcuni paesi ma c’è una reale determinazione a lavorare insieme”, ha spiegato.

 

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